Ci sono un
luogo e una storia che, essendo legati alle nascite, si ricollegano bene alla
festa della Natività e all'arrivo del nuovo anno.
A Roma,
presso Porta San Giovanni,
all’interno della 23ª torre delle Mura Aurelianee -
non Aureliane perché l’imperatore che le costruì si chiamava Lucio Domizio
Aureliano (214-275) e non Aurelio - vi sono i resti di un antico luogo di
culto quasi sconosciuto. Si tratta di un oratorio medievale, dedicato a santa
Margherita, che in origine dipendeva dal Capitolo della vicina Arcibasilica
Lateranense. Sempre nella stessa torre, l’ambiente sopra l’oratorio era
destinato, per tradizione, ad accogliere un eremita che era, in genere, di
nazionalità tedesca.
Dal
Medioevo alla fine dell'Ottocento, l’oratorio fu oggetto di grandissima
devozione. Infatti, secondo la leggenda, era stato ricavato nella cella nella
quale venne incarcerata santa Margherita di Antiochia (275-290).
La santa, prima
di subire il martirio, aveva affrontato il demonio, apparsole in forma di drago,
che era riuscito ad ingoiarla. La santa però, armata della croce, gli squarciò
il ventre e ne uscì incolume. Per questo motivo era invocata dalle gestanti per
ottenere un parto facile. Si dice, anche, che le sue preghiere si sentissero
attraverso le mura della torre e la pelle del drago. Forse per il suo coraggio
apparteneva a lei una delle voci misteriose che incitarono santa Giovanna
d'Arco (1412-1431) a liberare la Francia dal dominio inglese.
L’oratorio era
preceduto da un portico, costruito per riparare i numerosi fedeli che arrivavano
da tutto il Lazio, del quale restano le tracce e l’interno, a dimostrazione
della sua importanza, era stato decorato con un notevole ciclo di affreschi: una
parte dei quali si fanno risalire alla Scuola del Cavallini ed altri sono di
epoca gotica. Un’immagine della madonna con il Bambino, in particolare,
appartiene ad una iconografia rara, perché quest’ultimo è raffigurato con il
Vangelo tra le mani.
Al momento del
restauro, avvenuto tra il 1914 ed 1930, la torre e gli affreschi furono trovati
in buono stato dall’archeologo Antonio Muñoz (1884-1960).
Purtroppo
la successiva realizzazione dell’adiacente deposito dell'ATAC di San Giovanni ha
fatto sì che il capannone, destinato al lavaggio degli autobus, venisse
addossato alla torre. L'antico oratorio divenne lo spogliatoio del personale -
sugli affreschi vennero piantati i chiodi per appendere gli abiti - ed un canale
di scolo delle acque di lavaggio, che scorreva ai piedi della torre, non solo
rese umide la murature ma provocò un rilevante cedimento strutturale. L'umidità
e l'impiego di vernici inadatte danneggiarono gravemente anche gli
affreschi.
Dopo un studio
del CNR e lo spostamento del deposito dell'ATAC, la Soprintendenza Comunale ha
effettuato un parziale intervento di risanamento delle murature ed ha restaurato
e staccato gli affreschi e le sottostanti sinopie che sono stati depositati nel
vicino convento di Santa Croce in Gerusalemme.
In occasione del
Giubileo del 2000 il prof. Annibale Ilari e il Capitolo di San Giovanni
proposero alla Soprintendenza di riaprire l’oratorio ma l’iniziativa, malgrado
l'esistente programma di recupero delle mura di Roma, non ha avuto alcun
seguito.